Di sicuro la recente tragedia del terremoto di Amatrice, e zone limitrofe, ha reso meno impellente il discorso delle pensioni, ma le decisioni circa la modifica e l’adeguamento del sistema pensionistico sarà improcrastinabile da settembre. Intanto la discussione tra il Governo e Parti Sociali procede per stabilire quali saranno le misure che rientreranno nel cosiddetto nuovo allegato alla Riforma delle Pensioni, documento che farà parte integrante della prossima Legge di Stabilità. E’ opportuno analizzare quelli che sono indicati come i principali interventi in tema di pensioni. Circa la cosiddetta “quattordicesima”, si sta ipotizzando l’estensione ad un pubblico più ampio innalzandone anche il tetto, ovvero aumentando la quota di beneficiari dai 2 milioni di pensionati attuali, e incrementando la soglia del reddito al di sopra dei 10mila euro lordi l’anno (13mila anno). Ovviamente questa ipotesi comporterebbe dei eccessivi costi per lo Stato, e quindi è assai probabile che il bonus diventi più basso mano a mano che cresce il livello di reddito del pensionato e proporzionalmente calano i rispettivi anni di contributi. Se la proposta non andasse in porto si prevede di non allargare la platea che recepisce la quattordicesima, bensì di aumentare l’emolumento per chi già la percepisce.

Il cosiddetto A.P.E. (Anticipo PEnsionistico), è quello strumento che permetterà di lasciare il lavoro con un anticipo di almeno 3 anni prima rispetto ai requisiti stabiliti dalla legge vigente; quindi dal 2017 potranno andare prima in pensione i nati tra il 1951 e il 1953. La misura permette anche di poter attingere ad un prestito (stanziato dalle banche convenzionate) che potrà essere estinto nel corso dei successivi 20 anni di pensionamento, una anticipazione che però comporterà una riduzione dell’importo dell’assegno pensionistico, variabili sulla base sia del reddito, l’assegno verrà diminuito maggiormente per i redditi più elevati, che del motivo dell’anticipo, questo comporterà una penalizzazione maggiore per quei lavoratori che decideranno in maniera autonoma di lasciare prima il lavoro, mentre avrà misura minore per quelli che perderanno il lavoro dietro scelta dell’azienda, penalizzazione che rimarrà compresa tra l’1% e il 7-8% all’anno. Altra proposta del pacchetto è di rendere nulli i costi per unire i contributi versati in enti di previdenza diversi, effetto positivo che consentirebbe di utilizzare i contributi sommati in questo modo sia per la pensione di vecchiaia che anche per la pensione anticipata, con una notevole facilitazione dell’adesione alla seconda. L’assegno, quindi, verrebbe pagato dai vari enti previdenziali per i rispettivi anni di competenza, ovvero pro quota, e ognuno secondo le proprie regole di calcolo. Si permetterebbe così di ottenere dei vantaggi non soltanto per quei soggetti che hanno lavorato sia nel settore privato che nel pubblico, ma anche per coloro che hanno riscattato gli anni di laurea, così come per i professionisti che versano i contributi alle gestioni separate.

Ai lavoratori che hanno cominciato a lavorare versando regolari contributi tra i 14 e i 18 anni, lavoratori precoci, si pensa di concedere un bonus, che consiste in 4 o 6 mesi di contributi gratuiti finanziati dallo Stato, oltre all’ipotesi di concedere loro di andare in pensione con 41 anni di contributi complessivi, in eccezione rispetto a quanto definito attualmente. Si tratterebbe di un intervento dispendioso per le casse dello Stato, purché i contributi versati coprano almeno un anno, nel periodo tra i 14 e i 18 anni. Altra, ma non meno importante, è la categoria dei lavori usuranti che, già ora, godono delle disposizioni sulle pensioni più vantaggiose rispetto agli alle altre categorie di lavoratori. La proposta è di ampliare il bacino dei soggetti rientranti in questa categoria, eliminando alcuni parametri, come ad esempio quello temporale dei 7 anni di lavoro usurante negli ultimi 10 anni di lavoro complessivo; altrimenti, si prevede di eliminare le cosiddette “finestre di uscita”, che sta ad indicare il periodo che intercorre tra il momento in cui si matura il diritto alla pensione e quello in cui si percepisce effettivamente il primo assegno pensionistico.

Altra innovazione riguarda la soglia di reddito al sotto della quale non le tasse non si pagano, attualmente, è fissata in 7.750 euro per i pensionati con meno di 75 anni e in 8.000 euro per gli chi ha più 75 anni, queste soglie, a leggere le proposte, si pensa di innalzarle a 8.124 euro, che è la soglia prevista attualmente per i lavoratori dipendenti, modalità che vedrebbe aumentato l’assegno pensionistico non soltanto a chi ha un reddito sotto gli 8.124 euro ma anche a chi incassa di più. Queste al momento le ipotesi al vaglio del Governo nella contrattazione con le Parti Sociali, in attesa delle inevitabili risultanze che arriveranno, da qui a pochi mesi, per la definizione delle previsioni di spesa per queste categorie, che obbligatoriamente dovranno far parte dei documenti finanziari per la manovra invernale, con l’augurio che si trovino i soldi necessari per perequare i diritti dei lavoratori.

Dott. Antonio Ansalone