Poche canzoni nella storia della musica hanno saputo interpretare così bene come “Hallelujah” di Leonard Cohen il sentire comune. Il fatto che già nel 2010 si contavano circa 200 cover del brano registrate e pubblicate ufficialmente parla chiaro: cantanti di tutto il mondo (in primis Bob Dylan, John Cale e Jeff Buckley) si sono sentiti rappresentati a tal punto dal brano da decidere di cantare a loro volta questa preghiera ispirata alla bellezza e all’amore. D’altra parte, come diceva William Faulkner, “la poesia è l’intera storia del cuore umano su una capocchia di spillo”. Una canzone che Cohen ha impiegato due anni a scrivere e che ha modificato varie volte negli anni, come se di quel capolavoro fosse ancora in cerca della forma perfetta.

IL FASCINO DI UN ENIGMA SENZA SOLUZIONE – Come disse una volta all’Indipendent lo stesso Cohen, “la canzone spiega che diversi tipi di hallelujah esistono, e tutte le hallelujah perfette e infrante hanno lo stesso valore. È un desiderio di affermazione della vita, non in un qualche significato religioso formale, ma con entusiasmo, con emozione”. Un inno alla vita, quindi, e alle gioie e le sofferenze che contiene inevitabilmente. “So che c’è un occhio che ci sta guardando tutti – raccontò, – c’è un giudizio che valuta ogni cosa che facciamo”. Una canzone enigmatica, che si presta a diverse interpretazioni: una preghiera a dio, la dedica a una donna, un canto malinconico, o forse tutto questo assieme e molto altro. D’altra parte, Borges diceva che “ogni poesia è misteriosa e che nessuno sa interamente ciò che gli è stato concesso di scrivere”.

Libreriamo.it

https://libreriamo.it/intrattenimento/perche-hallelujah-leonard-cohen-e-da-considerarsi-poesia/