“Ogni giorno ci presentavamo in studio pensando: finalmente è finita, possiamo dedicarci ad altro. Invece arrivava Freddie, ci dava dei fogli con un nuovo testo e diceva: ‘Miei cari, sappiate che ho aggiunto un altro po’ di quei bei galilei’…”. (Brian May)

I Queen sono stati uno dei fenomeni musicali più notevoli dell'intera storia del rock; la loro carriera, iniziata nei primi anni Settanta, si è conclusa, di fatto, con la morte di Freddie Mercury dopo vent'anni di ininterrotti successi.

Nel 1975, i Queen, che solo un anno prima avevano sconvolto e stupito il mondo del rock con il clamoroso Sheer Heart Attack, firmano un contratto con la EMI ed entrano in studio per registrare il quarto album della loro carriera. Si tratta di un lavoro costosissimo per l'epoca e con sperimentazioni a livello di suoni, cori, orchestrazioni e sovraincisioni senza precedenti. È l'album che porterà al quartetto inglese il primo disco di platino: A Night At The Opera.

L’album canzone per canzone

E’ un Freddie decisamente “carico” ad aprire il disco, con Death On Two Legs, canzone che parla in maniera tutt'altro che positiva del loro ex manager Jack Nelson e che si sviluppa tra i lead di Brian May alla chitarra e il piano di Mercury come nella migliore tradizione Queen.

“Succhi il mio sangue come una sanguisuga, infrangi la legge e ne violi le regole, mi torci il cervello finché fa male”.

Lazying on a sunday afternoon, leziosa canzonetta da cabaret ricorda  all’ascoltatore che in questo disco, nessuna canzone sarà uguale a quella che la precede. La voce è filtrata affinché sembri uscire dal cono di un grammofono. Il pianoforte saltellante, l'atmosfera da Londra di fine ottocento, il testo scopertamente wildeiano mettono a nudo l'ambiguità sessuale di Mercury ("I'm bount to be proposing on a Saturday night") e le potenzialità mimetiche della sua voce.

I'm In Love With My Car, pezzo storico della band, è scritto e cantato da Roger Taylor ed è più lento rispetto agli episodi d'apertura. E’ un pezzo dedicato dal batterista alla sua passione per i motori. Nonostante il ritmo più calmo però i Queen non rinunciano ad una certa aggressività, grazie alle linee vocali del batterista e alle parti di chitarra.

You're My Best Friend, unica zampata a livello compositivo di Deacon in questo album, è un inno all'amicizia che ha quasi le sembianze di una dichiarazione d'amore vera e propria. La trazione è affidata alla voce di Mercury e al suo piano: un altro grande classico, merce pregiata che in questo album non viene mai a mancare.

 

'39 è una creatura che prende forma dal songwriting e dalla voce di Brian May, un pezzo dal sapore country a base di timidi cori, chitarra acustica e tamburelli (se si esclude un brevissimo assolo nella parte centrale della canzone) e dalle sottili e fuggenti sfumature malinconiche.

Segue la più graffiante Sweet Lady, ancora opera del buon Brian, in cui il riff decisamente rock forma l'ossatura per una canzone in cui la chitarra di May galoppa libera nei prati innevati lasciando la sua impronta inconfondibile.

L'anacronistica Seaside Rendevous è una allegra e spensierata canzone di poco più di due minuti in cui i Queen si divertono a giocare con le voci e con gli strumenti, riprendendo nuovamente le sonorità tipiche d'inizio secolo.

The Prophet Song è testimonianza tangibile della voglia di sperimentare del quartetto britannico. Oltre otto minuti di canzone in cui abbondano sovraincisioni e dove le diverse atmosfere si alternano una dopo l'altra. Partendo dall'arpeggio acustico la composizione si snoda attraverso cori a cappella che giungono alla chitarra distorta di May, per ritornare infine all'arpeggio, che quasi si fonde con l'inizio dell'episodio seguente.

Love of my life si collega senza interruzioni alla precedente, e c’è un netto cambio di atmosfera: viene a galla il Freddie Mercury più romantico, che accompagna una struggente melodia: un mix vincente che renderà “Love of my life” la ballad più famosa dell’intera discografia delle Regine. Un momento intensissimo del disco che diventerà un rito collettivo in sede live.

Good Company mostra invece un'atmosfera completamente diversa, un cambio di rotta verso quell'allegria giocosa e a quello stile inizio secolo già assaporato con Lazing On A Sunday Afternoon e Seaside Rendevous.

Con Bohemian Rhapsody arriviamo all'apice della storia della musica: Bohemian Rhapsody. Tutto ha inizio con la malinconica introduzione che porta a un duetto assolutamente irripetibile che ha come protagonisti Mercury e il suo piano. Il continuo è la parte centrale quasi operistica, con l'incedere del coro sinfonico che trascina fino alla detonazione di voci da cui prende vita all'assolo di May. Un assolo poetico e geniale che da aggressivo diventa dolce e cullante fino ad incontrare in chiusura la voce del mai troppo compianto singer. Un azzardo di sei minuti completamente composto da Mercury dietro le pagine di un elenco telefonico e che occupò un intera settimana di registrazioni. Le diverse sezioni della canzone portarono al pezzo critiche infinite e fu definito da molti una pazzia. La storia della musica racconta che fu un tale Kenny Everett, un amico di Freddie che lavorava in radio, a trasmettere per 14 volte in una giornata il pezzo, andando contro tutte le indicazioni della stazione. Una tale quantità di richieste sommerse la EMI la quale fu obbligata a pubblicare il pezzo come singolo. Nel giro di sole due settimane Bohemian Rhapsody vendette oltre 150.000 copie.

 

Epilogo dell’album è God Save The Queen, arrangiamento dell'inno inglese ad opera di Brian May, che da questo album diventerà il rito conclusivo di ogni concerto dei Queen.

 

Articolo liberamente riadattato da ondarock.it